lunedì 5 novembre 2007

I tacchi alti possono causare schizofrenia? E la carne di maiale influisce sulla comparsa della sclerosi multipla?

Roma, 30 ott. (Adnkronos Salute) - I tacchi alti possono causare la schizofrenia, con buona pace delle donne che non scendono mai dagli amati stiletti. Attenzione anche agli effetti del jet-lag: aprono la porta alle malattie mentali. E per prevenire la sclerosi multipla, meglio far scomparire dalla tavola mortadella o pancetta: la carne di maiale provocherebbe infatti la malattia. Sono solo alcune delle più bizzarre teorie mediche passate in rassegna dal quotidiano inglese 'Daily Mail', che avverte: alcune sembrano assurdità, ma a volte si basano su accertate evidenze scientifiche. Ebbene, Jarl Flensmark dell'università di Malmo (Svezia), giura di avere le prove che i primi casi di schizofrenia sono apparsi proprio quando sono state inventate le scarpe 'da vertigine': non l'altro ieri, ma mille anni fa.
Le prime calzature con i tacchi sono comparse infatti in Mesopotamia, la stessa area nella quale sono stati osservati i primi pazienti psichiatrici. In Inghilterra, dal '700 in poi, le donne hanno scoperto il fascino delle scarpe alte e di pari passo si è assistito a un inspiegabile lievitare di casi di schizofrenia. Stesso discorso anche in Nord America, mentre fra i nativi, che utilizzano solo calzature tipo mocassino, patologie mentali non se ne osservano molte. Ma ecco la spiegazione scientifica: quando camminiamo 'pianta a terra', i movimenti del piede stimolano i recettori delle nostre estremità, aumentando l'attività delle cellule cerebrali.
'Sollevando' il tallone, i recettori vengono stimolati di meno e tutto ciò provoca una variazione nella produzione interna di dopamina, sostanza nota agli psichiatri per avere un ruolo chiave nell'insorgenza della schizofrenia. Alla Hebrew University e Hadassah Medical School in Israele, alcuni esperti hanno verificato che le variazioni nella secrezione di melatonina, tipiche del cambiamento di fuso orario legato ai lunghi viaggi all'estero, sono alla base di molte malattie della psiche, come ansia, depressione e varie fobie. Un jet-lag pesante, dunque, può sicuramente facilitare l'insorgenza di sintomi vari. Bufale o realtà dunque? Tenderanno forse a optare per la prima i possessori di cani, 'accusati' da un team di esperti dell'università di Monaco di aumentare il rischio di tumore al seno nelle loro padrone.
Sembra che la stretta vicinanza con un compagno a quattro zampe amplifichi di 29 volte il pericolo di malattia, come è stato confermato da uno studio norvegese su oltre 14mila cani: quasi il 54% degli animali di sesso femminile era affetto da cancro della mammella. Essendo presente sia nei canidi che negli umani un virus, l'Mmtv, che aumenta il rischio di tumore in entrambe le specie, la conclusione è che il fedele amico a quattro zampe potrebbe infettare anche le donne. Liberi di non crederci, anche se i ricercatori tedeschi hanno rilevato che il 78% delle malate di tumore al seno ha avuto contatti stretti con un cane prima della diagnosi.
Discorso a parte per i vermi intestinali che, a oltre agli indesiderati effetti provocati a chi li 'ospita', sembrano però in grado di proteggere dall'aterosclerosi: scienziati israeliani sono riusciti a dimostrare che le infezioni che questi piccoli organismi provocano nella pancia, producono sostanze antinfiammatorie che hanno un effetto preventivo nei confronti delle malattie neurodegenerative.
Brutte notizie infine per chi adora la carne di maiale: abbuffate di braciole e trippa alla romana - secondo un'indagine dell'università canadese di Ottawa - possono infatti aumentare il rischio di una malattia in precedenza considerata priva di meccanismi di insorgenza legati alle abitudini alimentari, la sclerosi multipla. L'alto indice di grassi contenuto in questi cibi potrebbe infatti avere un effetto negativo sulle membrane che circondano le fibre nervose. In questo modo si spiegherebbe anche il limitato numero di casi in quei Paesi dove la carne suina è vietata per motivi religiosi.

giovedì 1 novembre 2007

La sclerosi laterale amiotrofica e il calcio

Esiste un rapporto fra la sclerosi laterale amiotrofica ed il gioco del calcio?

La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) o malattia di Lou-Gehrig è una malattia neurodegenerativa che provoca la progressiva distruzione dei motoneuroni presenti nella corteccia motoria e nelle corna anteriori del midollo spinale; queste cellule nervose trasmettono i comandi per il movimento dal cervello ai muscoli e quando, per il progredire della malattia, non sono più in grado di inviare i propri comandi, i muscoli volontari vanno incontro ad una progressiva atrofia e paralisi. L’incidenza della malattia nella popolazione generale è di 0,6-2,6 nuovi casi per 100.000 abitanti/anno. I valori di incidenza/prevalenza in Italia sono i più elevati dei paesi occidentali, con 1,7 casi per 100.000 abitanti/anno: circa 800 nuovi malati ogni anno. Tuttavia due sono le zone del mondo particolarmente colpite: l’isola di Guam, nel Pacifico, e la penisola di Kii, nel Giappone; probabilmente in relazione a fattori ambientali, quali le abitudini alimentari. La SLA colpisce prevalentemente gli adulti, con maggiore incidenza nella fascia d’età compresa tra i 50 e i 70 anni, di entrambi i sessi (con lieve prevalenza nel sesso maschile). Nella maggioranza dei casi si tratta di una malattia sporadica, che può colpire chiunque; solo nel 10% dei casi viene trasmessa geneticamente (SLA familiare), per lo più con modalità autosomica dominante (SLA familiare di tipo 1). Nelle forme familiari la patologia si manifesta precocemente e presenta un’evoluzione piuttosto rapida. L’esordio della malattia è generalmente subdolo; il malato riferisce astenia e affaticamento muscolare. Talora presenta crampi, strane cadute a terra e/o difficoltà a tenere in mano gli oggetti, segni e sintomi aspecifici di un male che porta inevitabilmente all’exitus nel giro di circa 3 anni. Con il progredire della malattia sempre più muscoli vengono interessati fino alla paralisi completa degli arti, alla difficoltà o impossibilità a masticare, deglutire, parlare. Normalmente sono risparmiate le funzioni vescicali e sessuali. Nelle fasi molto avanzate della malattia si rendono necessari presidi medico-chirurgici per rendere possibili l’alimentazione e la respirazione. Più dell’80% dei soggetti affetti muoiono per un disturbo respiratorio, aggravato da superinfezione bronchiale. La SLA è una malattia drammatica che distrugge progressivamente ogni distretto muscolare, rendendo il paziente incapace di compiere qualsiasi atto della vita quotidiana, lasciandolo tuttavia completamente cosciente del proprio decadimento. Le cellule nervose corticali, deputate al controllo dell’intelletto, della memoria e dell’emotività, non sono infatti interessate dal processo degenerativo. L’impatto psicologico della malattia è notevole e la depressione dell’umore è comune a quasi tutti i malati e necessita di precoci e specifici provvedimenti. La diagnosi si effettua usando vari tests ed esami di laboratorio, Risonanza Magnetica, Biopsia nervosa e muscolare, esami elettrodiagnostici. Attualmente non esiste terapia efficace. SLA, traumi ed attività sportiva. Nei calciatori è stata osservata in Italia un’incidenza di SLA 5 volte superiore rispetto alla popolazione generale. Inoltre l’età di insorgenza della malattia in questo gruppo di soggetti è significativamente precoce rispetto alla media. Da queste osservazioni numerosi studiosi hanno formulato ipotesi per spiegare il motivo di questa “epidemia” nel mondo del calcio. Il calcio rappresenta, per molti studiosi, una disciplina sportiva a rischio di insorgenza di SLA per i continui traumatismi ai quali il sistema nervoso centrale è sottoposto mediante il colpo di testa. I giocatori di calcio infatti, diversamente rispetto ad altri sport, colpiscono la palla di testa senza avere nessuna protezione. La forza con cui il pallone impatta sul cranio è di circa 500-1200 Newton, tuttavia essa si distribuisce prontamente anche sul collo e sul tronco. Un’altra ipotesi avanzata da alcuni scienziati (Felmus 1976; Granieri 1988; Gregoire 1991) e suffragata da altri, è che l’attività fisica vigorosa possa, assieme ad altri fattori ambientali e costituzionali, essere responsabile dell’insorgeneza della malattia. Studi precedenti, ma indiretti, hanno dimostrato che durante l’esercizio fisico si ha la produzione di specie reattive dell’ossigeno. I radicali liberi dell’ossigeno si creano, nei calciatori, dalla combinazione dello sforzo fisico intenso con altri fattori; in effetti le abitudini dietetiche (alimenti pro-ossidanti), l’uso prolungato di farmaci antinfiammatori, le ischemie ripetute seguite da iperivascolarizzazione (dovute ai microtraumatismi o all’attività anaerobica prolungata seguita da improvvisa riossigenazione) possono rappresentare ulteriore fonte di stress ossidativo, al quale il sistema nervoso centrale è particolarmente senisibile. Esso contiene infatti una grande quantità di substrati facilmente ossidabili.

venerdì 26 ottobre 2007

Cure termali: Le Acque Solfuree


Sono denominate solfuree le acque che possiedono una quantità pari o superiore a 1 mg di idrogeno solforato(H2S) per litro. Nelle acque solfuree lo zolfo si trova in forma bivalente.
Azioni biologiche. I composti solfurei vengono assorbiti dall’organismo con metodiche crenoterapiche sia interne che esterne. La via elettiva di eliminazione dell’H2S è il polmone ed esiste inoltre uno spiccato organotropismo per le strutture articolari.
Azione sul sistema neurovegetativo. Le acque solfuree stimolano il sistema nervoso parasimpatico. Il risultato è una cospicua vasodilatazione capillare con aumento della permeabilità vasale, riduzione della pressione arteriosa sistemica, bradipnea e bradicardia.
Azione sui meccanismi di difesa e antinfiammatoria. Sembra che le acque solfuree siano in grado di stimolare l’organismo a difendersi nei confronti sia degli stimoli infiammatori endogeni che degli agenti proinfiammatori esterni attraverso la stimolazione sul SRE, il potenziamento della produzione anticorpale, la regolazione della sintesi di prostaglandine, la produzione di mediatori.
Azione antitossica. È probabilmente in relazione con la stimolazione del SRE, ma sono anche accertate azioni antitossiche specifiche su diverse sostanze organiche e metalli, tra i quali piombo, bismuto e fosforo.
Azione sul fegato. Le acque solfuree sono in grado di proteggere la cellula epatica dalla degenerazione grassa indotta da tetracloruro di carbonio (CCl4), arsenico, fosforo e dalla necrosi da fenolo. Si è osservato un miglioramento dei quadri disprotidemici e un aumento dell’attività protrombinica. Riguardo il metabolismo glucidico si osserva aumento del glicogeno epatico e riduzione della glicemia.
Azione sulla muscolatura liscia e sulla secrezione digestiva. Soprattutto per la stimolazione parasimpatica le acque solfuree inducono broncocostrizione, aumentano la motilità intestinale, la secrezione gastrica, la coleresi e la motilità delle vie biliari.
Azione sulle mucose e sul muco. L’H2S provoca intensa vasodilatazione con aumento della pervietà capillare nella sottomucosa e rigenerazione dell’epitelio. È dimostrato un miglioramento della clearance muco-ciliare.Per le azioni fluidificanti specifiche e aspecifiche, si ha un aumento dell’escreato. La stimolazione vagale comporta un aumento della secrezione sierosa bronchiale. Con attività mucolitica diretta l’H2S riduce i ponti disolfurici delle mucoproteine fibrillari scomponendo le fibre mucoproteiche. È evidenziatoun ruolo protettivo sulla mucosa nei confronti di sostanze tossiche e stimolante sulla produzione di surfactante.
Azione sull’apparato locomotore. Le acque solfuree esercitano effetti trofici nei confronti della cartilagine e del tessuto connettivo. In vitro l’H2S attiva le collagenasi e si ritiene che la crenoterapia solfurea sia in grado di "attenuare le reazioni connettivali’ contrastando processi fibrotici abnormi.
Azione sulla cute. Le acque solfuree esercitano essenzialmente azioni plastiche e antiseborroiche. A pH cutaneo acido l’H2S stimola la proliferazione dello strato spinoso esercitando un’azione cheratoplastica. Sullo stratocorneo lo zolfo possiede proprietà esfolianti e cheratolitiche, accentuate in ambiente alcalino.
Azione antisettica. Le proprietà batteriostatiche e antimicotiche dell’H2S sono riconducibili al potere riducente. L’acido solfidrico tende a ossidarsi con formazione di solfatie zolfo allo stato nascente sottraendo ossigeno ai microrganismi

Copiato da Zanussi, Terapia Medica Pratica, Utet 2002

Massaggio Trasverso Profondo

Il massaggio trasversale di frizione profonda recupera la
mobilità nei muscoli nello stesso modo nel quale la mobilizzazione
libera un’articolazione. Ha un
duplice effetto se correttamente eseguito: l’iperemia traumatica
e la mobilità. L’iperemia traumatica riduce il dolore
grazie all’aumento dell’afflusso ematico. Con la riduzione
del dolore il paziente è in grado di muovere più liberamente
la struttura dolente. Il massaggio libera anche le aderenze
quando viene effettuato in direzione trasversale; pertanto,
può essere eseguito nelle lesioni muscolari, legamentose e
tendinee. La frizione assottiglia il tessuto cicatriziale che
può tenere aderenti le strutture in modo anormale. Peraltro,
non è un metodo che tutti i pazienti tollerano: deve essere
limitato alla seduta di trattamento.

mercoledì 24 ottobre 2007

Il ghiaccio è allucinogeno?

10 Settembre 2007.. non è l’11 Settembre ma…

8.30 davanti ai cancelli
9.30 si entra
10.30 ci danno le buste
11.30 ancora non si inizia; voglio una gomma…..

Ero in aula 2 ed alle 11.30, mentre aspettavo che ci dessero il via, sono andato a frugare nella mia borsa in cerca di una gomma da masticare. L'ho presa e mentre stavo chiudendo la borsa sono entrati i commissari d'esame in aula, dicendo: "Via, potete aprire la busta". Io mi sono alzato di scatto e mi sono voltato per tornare al banco. Non mi ero accorto che dietro avevo la finestrona della stanza aperta e ho picchiato con un occhio sul bordo della finestra. Ho visto le stelle!!! Mi girava tutto e per istinto mi sono portato una mano a comprimere l'occhio. 15 secondi, credo, pieni di stelle! Il mio unico pensiero è stato: anche se sanguino, non me ne vado. Faccio l'esame. E' più di un mese che studio. Non me ne vado. Poi per fortuna, una volta tolta la mano dall'occhio ho scoperto che non sanguinavo e quando la commissaria di esame mi ha chiesto come stavo, ho risposto: Benissimo!! scatenando le risate di tutta l'aula. Ho fatto tutto l'esame con una busta piena di ghiaccio pressata sull'occhio, che la suddetta commissaria mi gentilmente portato. L’occhio pulsava come un cuore e credo di aver avuto delle allucinazioni. Ricordo una domanda: qual è quel elemento che ha 58 protoni? Guarda che domanda difficile ho pensato. Dopo 5 minuti passati a cercar di capire quale fosse, e non trovando una risposta che mi soddisfacesse, ho riletto la domanda che chiedeva: Qual è quell’elemento che ha 8 protoni?.. Una settimna dopo scopro di aver superato la selezione.. e mi viene il sospetto che il ghiaccio abbia avuto uno strano effetto dopante su di me. Voi cosa ne pensate?

domenica 21 ottobre 2007

Massaggio e Quiromasaje

L’etimologia del termine “massaggio” è controversa. Secondo alcuni esso deriva dall’arabo “mass” con significato di maneggiare, toccare, palpare.[1] Altri hanno proposto il greco “massein”, impastare. “Ma un’etimologia orientale è verosimile tenendo conto di quella pratica di così vasto uso un tempo in Oriente”[2]. Con il termine “massaggio” si indicano generalmente “le varie manipolazioni manuali praticate sulla superficie di un essere vivente a scopo terapeutico”.[3]
Nato come manifestazione di terapia locale istintiva, il massaggio è da considerarsi come “una delle prime tecniche terapeutiche che sia stata eseguita dall’uomo”[4]. A questo stadio empirico fa seguito nei secoli lo sviluppo di una tecnica: già nell’Ayurveda, trattato sacro dell’antica civiltà induista, troviamo descritta la massoterapia ed esposte alcune indicazioni. Omero fa frequenti cenni nell’Odissea e nell’Iliade alla pratica del massaggio, usato prima e dopo l’attività ginnica ed anche semplicemente come pratica rilassante.
Noto e già ampiamente praticato dagli Egizi, dai Cinesi, dai Sumeri e dai Babilonesi, assurse infatti agli onori di un vero e proprio rito solo nel periodo greco-romano. Come scrive lo stesso V.L.Feràndiz:
“I greci trassero dall’antico Egitto questi insegnamenti ed Ippocrate stabilì alcune regole inerenti la direzione in cui dovevano venire effettuate le varie manipolazioni del massaggio, insegnando ai massaggiatori empirici quando dovevano agire in direzione centripeta dirigendo le manovre dall’estremità al cuore e quando dovevano agire in direzione centrifuga, ovvero prossimo distale.”[5]

I romani appresero il massaggio ed i suoi benefici dai medici greci. Celso fu uno dei più grandi medici romani e non poté non interessarsi a tale pratica molto usata nelle terme dell’antica Roma: esso lo consiglia come eccellente per paralisi e nevralgie.
Con la caduta dell’Impero Romano iniziò per la massoterapia un lungo periodo di silenzio rotto solo nel secolo XVI quando Paracelso raccomandò caldamente l’uso delle frizioni e l’Università di Padova raccolse studiosi che cominciarono ad esaminare più scientificamente questa tecnica.
Tali studi vennero continuati e approfonditi dalla scuola tedesca e svedese fin quando, dopo circa tre secoli di sperimentazioni, giunse dalla Svezia la vera rivalutazione del massaggio con la fondazione dell’Istituto Ling, medico svedese ideatore di movimenti ginnici razionali ed efficaci per il soggetto sano come per il malato.[6]
L’arte del massaggio entrava così a far parte essenziale di una nuova branca della medicina:

“Sull’onda dell’entusiasmo per la diffusione della ginnastica medica e per i risultati fantastici conseguiti dal dottor Metzger di Amsterdam numerosi amatori più o meno competenti di massaggi cominciarono la loro opera in occidente.
Il chirurgo tedesco Mosengeil stabilì i fondamenti scientifici del massaggio terapeutico, sperimentando l’azione meccanica delle manipolazioni e comprovandone gli effetti.
Il dottor Kellog introdusse negli Stati Uniti il metodo usato secolarmente in Giappone e nei paesi dell’estremo oriente.
Più tardi il dottor De Forest promosse l’insegnamento e l’utilizzo terapeutico di questo metodo nel sanatorio di Leman.”[7]

In questi primi decenni del XX la metodica del massaggio, con la eliminazione di molte manovre inutili e la razionalizzazione di quelle efficaci, viene schematizzata e inquadrata come vera e propria disciplina scientifica.
E’ in quello stesso periodo che il dottor V.L. Ferràndiz codifica il proprio metodo terapeutico assegnandogli il nome di quiromasaque e fonda la prima scuola di massaggio della storia iberica, dando così di fatto inizio alla diffusione di questa pratica, fino ad allora confinata nei gabinetti di bellezza, in terra spagnola.
[1] Il Dizionario della lingua italiana redatto da Giacomo Devoto e Giancarlo Oli, Le Monnier, 1990, lo registra come derivante dal francese massage, der. di masser ‘massaggiare’, voce di origine araba.
[2] M. Boigey, Il libro del massaggio, Sperling & Kupfer, Milano, 1973, p.5.
[3] Ibid.
[4] “L’uomo che avverte un dolore in qualunque parte del corpo pone istintivamente la mano sulla zona dolente, la mantiene ferma esercitando una pressione o la muove eseguendo un frizionamento. Queste azioni istintive vengono compiute senza che alcuno le abbia suggerite”. In M. Brunetti, Massaggio e linea, Edizioni mediterranee, Roma, p.13.
[5] V.L.Ferràndiz, Quiromasaje..
[6] “Al Ling e al Georgil dobbiamo la conoscenza dei metodi terapeutici attuati mediante il movimento sia passivo che attivo, che costituiscono quella forma di trattamento universalmente accettata che è la chinesiterapia.” M. Brunet, Massaggio e linea, cit., p.16.
[7] V.L.Ferràndiz, Quiromasaje, cit.